Che sia veramente stata creata da una costola dell’uomo,
oppure no, la donna è comunque una parte essenziale della nostra vita, elemento
rinnovatore (o almeno dovrebbe) di una società civile, e dunque, contestualizzando,
né strega né principessa, o forse entrambe.
È ormai dimostrato che le quote rosa (formula forse di
discriminazione per le donne stesse: un numero prestabilito sembra una cosa un
po’ medioevale…) sono più studiose, più precise, più regolari (vedi Activia).
Insomma, tempi bui ci aspettano, amici miei; una donna può
stregarci col fare di una principessa e noi siamo finiti, ci cadiamo
inesorabilmente come pere ormai mature da un albero; inoltre (e giustamente,
aggiungo per non passare male) il gentil sesso si sta sempre più affacciando in
ruoli di responsabilità prima riservati solo a noi, uomini che credevano di
avere il diritto e il potere di prevalere su quelle donne che solo per dover
trascinarsi dietro il peccato originale della maternità non avevano spazio
nella società civile.
Ma parlare così, forse, è anch’esso discriminatorio:
dovremmo, credo, iniziare a non meravigliarci più, ma ammettere come naturale
l’equivalente presenza di entrambi i generi, senza rimanere ottusamente legati
a vecchie ottiche ma nemmeno credendo di avanzare con proposte oltremodo
limitative.
Non possiamo più permetterci di escludere nessuno da niente;
è imprescindibile l’apporto di ognuno, soprattutto di donne abituate a superare
ogni ostacolo con strenua forza, stringendo i denti, ma anche di quegli uomini
che pur poltrendo nel divano, aprono la porta alle signore ma le trattano come
pari nella quotidianità del lavoro, o della scuola, portando a galla una sana,
onesta e sacra competizione.
Insomma, una donna continua a stregarci col fare di una
principessa, ma in fondo questa dualità è dovuta soprattutto a noi, maschi
“veri”, che dobbiamo per forza etichettarle, senza contemplare il beneficio del
dubbio, men che meno ammettere la vacuità della nostra vita senza di loro.
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