mercoledì 25 gennaio 2012

Tra lucidità e follia c'è solo una sottile linea rossa

È forse la natura, quella lussureggiante e apparentemente accondiscendente verso l’uomo di Guadalcanal, Isole Salomone, l’unica, vera protagonista de “La Sottile Linea Rossa”, film dalla lunghezza epica (170’, circa la metà rispetto al montaggio originale..), come quella che si frappone fra i film di Malick, regista che circonda ogni sua opera di domande, significati, visioni che non sono mai riducibili a meramente filmiche, ma che si strutturano e danno forma, sempre e comunque, a vere e proprie esperienze emozionali intense.

Di certo non lo sono i seppur molteplici (e interpretati da un cast eccelso, anche e soprattutto nelle comparse e nei cameo) personaggi che appaiono, scompaiono, si avvicendano insieme ai loro tormenti interiori, in un vortice di domande esistenziale, di conflitti interiori sulla malvagità dell’umano, sull’innocenza perduta, che organizzano il film, lo dirigono, gli danno la vera compiutezza formale e contenutistica.

Questi ragazzi che si trovano a combattere una guerra ignari di quello che li aspetta, che cambiano, crescono, muoiono in quell’inferno/paradiso si pongono le domande che noi vorremmo porci (se fossimo più profondi).

La dicotomia natura/conflitto (riproposta anche nel successivo The Tree Of Life) è centrale, ma gli si affiancano quella fra buio e luce, vita e morte stesse, ma tutte queste dualità non si contrappongono, bensì si fondono, si uniscono a creare l’uomo, quello pieno di dubbi, quello vero.


In definitiva, un bellissimo film, non facile, ma che ti si infuria imperioso dentro, senza andare più via.



“Buio dalla luce, conflitto dall’amore: sono frutti della stessa mente, tratti di uno stesso volto?”


“La guerra non nobilita l’uomo, lo fa diventare un cane rabbioso, avvelena l’anima”



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