sabato 8 dicembre 2012

Un apostrofo rosa tra le parole Inizio e Fine (da "L'Atipico" Novembre-Dicembre 2012)

INIZIO


La fine è il mio inizio è un libro di Tiziano Terzani. Uscito postumo, mi sembra. Significativo.
Se inizi una cosa, la devi finire!
Modi diversi, se ci fosse una scala di valori, per utilizzare parole uguali, in fondo.
C'è chi pensa che il mondo finirà. Presto.
Altri che è appena iniziato, "the best is yet to come", Sinatra, non Joe Rivetto
E se l'inizio presuppone una fine in quanto tale, alcuni aggiungerebbero all'uopo che il relativismo è tutto in quest caso.

La tua fine potrebbe essere un inizio, per(un)altro IL VERO inizio, quello per cui tutto potrebbe avere un senso.
Insomma, come sempre c'è gran confusione, qua, Maya o non Maya, non ce n'è per nessuno, e la vera fine del mondo potrebbe arrivare per un'autoimplosione, per la voglia mai celata di sovraccaricare, di prevalere, di porre una FINE a qualcosa di cui però non siamo artefici dall'INIZIO.
Di essere Dio, che se c'è è lui che in 7 giorni etc etc.
Dobbiamo trovare una spiegazione all'inizio per provare a capire la nostra fine, è inevitabilmente naturale, la voglia di retrocedere all'alba dei tempi, per spiegare la morte, unico vero ultimo baluardo democratico ('a livella, disse un Principe) ma anche inspiegabile fine di un inspiegato inizio.
Se poi al 22 Dicembre ci arriviamo davvero, magari con Gaza ormai rasa al suolo, noi che crediamo di poterci salvare affidandoci alle grigie rassicurazioni tecniche, chiediamoci dove tutto ebbe inizio.
Ma la fine può essere volutamente il nostro inizio, ripartire dal the end, fin, in un rewind tristemente conosciuto?
Potremo mai saperlo?

La fine non so se è il mio, ma ė un inizio, di quelli bruschi, che ti sembra di entrare subito in scena, lì nel centro dell'azione, ma poi sei troppo stanco per reggere la tensione.
L'inizio, non so se è la mia, ma in un certo senso è una fine, di abitudini consciamente aggiustate come quelle macchine che vedi con la carrozzeria di un colore e lo sportello, o il tetto, di un altro.
Di certo sono due grandi amici, che si divertono a burlarsi di noi, ignari spettatori di una vita, che è quello che fai fra loro due.

Forse un apostrofo rosa, forse una freccia, una corda, ma sicuramente con un inizio e una fine.


FINE

lunedì 26 novembre 2012

Credo nella virgola, come unità di misura dei miei pensieri

L'abitudine genera mostri.
Credo nel rinnovamento continuo, d'idee.
Non posso credere in un solo Dio, tutto insieme, ora.
Non che non ci sia una voglia, un bisogno sempre espresso, a tutti i costi, di punti di riferimento.
È che quei punti certe volte si allungano, tramutandosi in virgole che, si sa, presuppongono un proseguio, una frase conclusiva.
Mi piacciono le virgole, rassicuranti incertezze di una vita che sempre più somiglia ad un testo, scritto, ma prima pensato, corroborato neuronale.
Mi piacciono, perché in un certo senso predispongono il rinnovamento, il ripensamento, una quanto mai necessaria rettifica.
Credo nelle virgole, che poi diciamolo, sono anche belle, sono leggere, liquide, non sembrano pietre tombali, lapidi che tutto chiudono, che tutto precludono.
Credo nella virgola, come unità di misura dei miei pensieri.

Pensieri che sono spesso contraddetti da altri che sopraggiungono.
Un mare di parole, in cui è facile affogare.
Ho imparato a nuotare da piccolo.

Se non fossi qui a scrivere sarei più in la, a pensare a cosa scrivere.
Lo trovo rilassante, rassicurante, come quelle e queste virgole che mi soccorrono, come salvagenti fondamentali.
Come unici appigli, come attaccapanni, se fossi un cappotto.

Credo nella virgola, come unità di misura dei miei pensieri.

A.B.

lunedì 12 novembre 2012

Le parole giuste non si trovano quasi mai

Resistenze.
Fisiche, di classe, status quo.
Volontà troppo forti per retrocedere all'attrito.

Lampi.
Geniali, a volte.
Metereologicamente abbaglianti, come gli occhi di chi sa, di chi sai.
Fin troppo, altre volte.

Passi.
Lenti, di chi sa dove andare, o lo fa credere.
Veloci, di chi in qualche modo cerca di fuggire, da qualcosa.
Rivolti a qualcuno o qualcosa, quasi mai.

Tratti.
Somatici di chi si fa riconoscere.
Lasciati scritti in fogli che poi si perdono, contingentemente, forse.
Voluti, desiderati, auspicati, d'un "tratto" immacolati.

Parole.
Quelle che cerchi, non le trovi,
le resistenze sono fin troppe,
Poi, un lampo, i passi d'un tratto si rincorrono con più frequenza, e non è detto che tu non sappia dove andare.
Altre parole arrivano a rincuorare, altre facendoti sentire il loro calore ti addomesticano, come tratti di penna finalmente sensati.

Messe insieme, danno un senso di pace definitiva e di incompiutezza.
Non sono quelle giuste, ma tant'è, ci accontentiamo


A.B.

L'insostenibile leggerezza dell'essere -ismo

Viviamo la nostra epoca di -ismi, volutamente inconsapevoli o volutamente menefreghisti, in una campagna informativa che tende ad appiattirci, cronacheggiando, imperiosamente.
Ci rabboniamo, identifichiamo, crediamo di volere veritá che siano patentemente tali, che abbiano il cartellino non ancora abraso, staccato.

Insomma, ci sentiamo in grado di commentare, pontificare, strutturare ancorché ideare teorie nostre-e-solo-nostre; è l'informazione 2.0, quella senza intermediari, quella del bar sport virtuale.
E scorre lenta come acqua in un fiume pieno di ostacoli la nostra voglia di approfondire, di scovare, e certi fanno finta di essere ignari che questa apatia diventi una piena che tutto travolgerà, prima o poi.

Facili ermetismi di chi da tempo ormai parla una lingua diversa, di chi crede di essere al sicuro.

Facili anche i realismi, di chi quell'onda la cavalca, senza conoscerla, di chi pensa quell'acqua di domarla, inconsapevole.

Difficile interpretare tutto questo, senza cadere nel fascino degli -ismi, che tutto dominano e tutto sanno, con la loro facile sostantivazione adatta a linguaggi vecchi e nuovi.


A.B.

domenica 11 novembre 2012

Un uomo normale (esegesi di Breaking Bad, NON contiene spoiler)

La parabola di Walter White da uomo-normale-e-anche-piuttosto-triste a narcotrafficante-heisenberg-re-della-metanfetameina è quella che, forse in meno di 5 stagioni, potremmo compiere tutti noi.
La scoperta di una malattia, unita al fatto di essere, in sostanza, un concentrato di fallimenti professionali e affettivi fa di Mr. White l'archetipo dell'uomo medio in genere, un condensato di deprimente normalità e familiarità.
La scoperta fa da miccia. When you got nothin', you've got nothin' to lose scrisse quel giorno Dylamn, e non saremm qui se non l'avesse fatto.
Una miccia che fa esplodere tutta la polvere accumulatasi nel tempo.
Potrebbe essere chiunque di noi ed è questo, oltre alla magnificenza registica, alla perfezione fotografica e attoriale, che crea alta dipendenza, quasi come la "blue sky".
Insomma, Breaking Bad ti tiene lì perchè aspetti di vedere qual è il limite più basso a cui può arrivare un uomo, fino ad un anno prima "normale", è un viaggio agli inferi, semza sconti.
Aspettando quindi la seconda parte della 5a stagione, che vista la premessa non può che essere e rimanere alla mostruosa altezza di tutti, è il caso di chiedere: "say my name", e rispondersi... Attenzione, quello che va sopra i puntini potrebbe sorprendere.

A.B.

giovedì 8 novembre 2012

Viviamo in tempi interessanti

Benvenuti in tempi interessanti è un libro del mio amico (virtualmente tale , s'intende) Slavoj Zizek.
È certo che viviamo in tempi interessanti, dove senti che da un momento all'altro la Storia, quella con la S maiuscola potrebbe apparire e far sentire tutta la sua forza dirompente.
Potrebbe arrivare, antropomorficament tramutarsi in una persona, o più materialmente forse in una azione militare, in un attacco terroristico.
Insomma potrebbero accadere cose belle o cose tremende, banalmente.
Ma di certo viviamo in tempi interessanti, tempi in cui l'american dream avrebbe potuto rimettersi assurdamente in discussione, e non l'ha fatto, tempi in cui possiamo parlarci, vederci, interconnetterci, qualsiasi siano, io, due, o più, gli interlocutori.
Tempi in cui possiamo sentirci empaticamente tutti collegati, invece che apaticamente lasciarci scivolare tutto addosso, come per troppo tempo abbiamo fatto.
Possiamo scrivere le nostre opinioni, confrontarle, metterle a frutto.
In questo si inserisce la rielezione di Obama, con quel"the best is yet to come" che si affianca al "peggio è dietro l'angolo" che ogni giorno i nostri grigi burocrati europei ci dicono.
Ed ecco che la speranza torna a farsi viva, la testa torna indietro, ad un'Europa veramente unita, quella che si vede girandola, entrando in qualsiasi bar di qualsiaasi cittá dei 27.
Una speranza spinelliana, forse esageratamente ottimista.
Un sogno, come quello di un presidente nero che diventa il perno su cui rilanciare la ricostruzione dell'identitá collettiva.
E se di certo ci manca un'Obama, ma ancor prima un Washington, un Jefferson, un Lincoln, di certo tutti insieme potremmo ripartire, edè questo il momento giusto.
Posto che, tornando a Zizek, un proverbio cinese, che poi in realtà era una maledizione suggeriva: " ti auguro di vivere in tempi interessanti".
Ma anche i cinesi, in questi tempi (anch'essiinteressanti) di congresso, non hanno più tempo per i proverbi.

A.B.

lunedì 5 novembre 2012

Ragionamenti sul poco e sul niente

Leggo su twitter di Fini contestato ai funerali di Rauti e penso a quelli di Berlinguer, con il nemico Almirante lì, e nessuno a stupirsi.
Penso a come sia ridotto questo paese, alla facinoleria con la quale comici populisti arrivano ad avere credito, a quanto su questo abbia influito il ventennio di tivù, poppe e culi che abbiamo provato a lasciarci alle spalle.
Penso alle prospettive, alla voglia di creare, di stupire, ridotta a mero sensazionalismo.
La rottamazione tanto conclamata dovrebbe essere culturale, credo, partire dalle divisioni e inventarsi un futuro.
I divari generazionali sono forse diventati ormai traslazioni globali di lotte di classe, utili da sempre a far rimanere in stallo, tanto gli sfruttati rimangono tali.
E da questo contesto mi accorgo come ormai anche il nostro parlare sia stato tremendamente influenzato, forse definitivamente. Si vieta il dibattito tv, quando forse è stato proprio quello a creare fenomeni da circo, di turno, e giustamente, senza rimpianti.
Insomma, penso, ci ripenso, ma non trovo una soluzione, nell'attesa, intanto, che aldilà dell'oceano si perpetri il coraggio di 4 anni fa, senza cedere, anche lí, alle facili soluzioni cui spesso siamo ricorsi, nella storia.

A.B.

domenica 21 ottobre 2012

L'ansia del domani

Attendo. Silenziosa, la reciproca assenza giunge in momenti inaspettatamente fragili.
Come me. Come noi.
Ansiogeni come pochi si voltano gli attimi futuri, a guardarti, come a dirti: "conosco cose che non puoi ancora immaginare".
Il pensiero si fa carne, il quando non lo so.

Siamo gocce di rugiada in un mondo dove non esiste la notte.

Albe non ancora viste mi suggeriscono parole incomprensibili, concetti inespressi.
E sento sulla mia pelle l'attesa, che si fa largo sgomitando, lasciando per la strada frammenti del domani.
Frammenti scomposti, un puzzle, a cui manca sempre un pezzo.

Oggi, come domani.

lunedì 8 ottobre 2012

Ci penso, ci sono e ci faccio (da "L'Atipico" settembre-ottobre 2012)

Cogito, ergo sum.


Cartesianamente parlando, è dura farci. Pensiamo, dunque siamo, inconfutabile, inesorabile, perfetto.


Dunque, per non far torti a monsieur Lapalisse, verrebbe subito da aggiungere che il farci, necessariamente, comporta un non pensare .


Stolti, o voi che privilegiate l’esserci al farci!


Io ho qualche dubbio, in realtà, senza prendermi la briga di rinnegare il buon René, che, insomma, in fondo, ne avrà saputo più di me, lui-si-che-c’era-e-mica-ci-faceva-dai.


Credo, sinteticamente, che il farci a volte sia conseguenza necessaria delle condizioni esterne, adattamento, evoluzione.


Ecco, il solito manicheismo di provincia che mi porta a vedere due estremi, CI SEI O CI FAI, la differenza tra la normalità e la diversità, come se veramente chi c’è ci fosse veramente, e chi ci fa non sia consapevole di farlo, come se avesse ancora senso una distinzione di questo tipo, oggi.


Ci facciamo tutti (molto più della facile battuta, cit.), quando ci mettiamo la maschera del perbenismo, quando ci stracciamo le vesti e puntiamo il dito verso il faccendiere (nel senso, non politico, di colui che ci fa) di turno, quando crediamo di esserci, e non ci siamo.


Serpenti striscianti che cercano la preda di turno per attaccare improvvisamente, nascosti dietro volti di cera, dietro veli trasparenti, ma pesanti come macigni, come spade sguainate sentiamo l’energia prorompente del preliminare, quando pronti ci lanciamo su prede che inconsapevolmente ci fanno, come noi, ma non lo sanno.


Ecco, non me ne voglia René (o Renato, se potessi avere la certezza che non si sarebbe offeso), ma io non credo che siamo poiché pensiamo, io credo che siamo poiché ci facciamo, quando per finta non sentiamo, per farci ripetere belle parole da una bella voce, quando finti tonti cerchiamo di sfuggire al male, alla miseria, alla guerra, come pedine di scacchi, ma non re o regina, alfieri forse; in diagonale ci spostiamo, ed è l’unico modo che abbiamo per sopravvivere, giorno per giorno

.

venerdì 7 settembre 2012

Due Mondi (dal blog di RadioZio)

C'era una volta un mondo, fra tanti.
Giallo e Nero predominavano; era un mondo di condivisione, di belle idee e di semplice comunicazione.
"Abolire i mezzi pesanti!"
"un mondo a portata di microfono".
C'era una volta un mondo, di pochi.
Predominava la volontà di cavarsela in qualche modo.
In qualsiasi modo.
Non è che fossero in conflitto, i due ecosistemi, ma le culture erano troppo diverse, e i fortunati gialli e neri credevano in qualcosa, nella forza della propria voce, ad esempio.
Nessuno degli altri lo capiva, in quel momento.
Insomma, non c'era niente da fare, o almeno sembrava, il giallo e il nero non stanno bene insieme, diceva qualcuno; parole al vento, il giallo e il nero sono meravigliosi, diceva qualcun'altro.
Poi un uomo si affacciò a una terrazza, era gialla e nera, come tutto del resto; di fronte aveva una donna, vestita normale (così credeva lei).
I due si guardarono intensamente e lui, con il solo mezzo che aveva, un microfono, le disse: "Sei bellissima" e lei: "non avevo mai notato come il giallo e il nero stessero bene insieme".
Lui fece un salto, e i colori si mischiarono, e loro si mischiarono, e fu sera e fu mattina, e fu bellissimo.


A.B.

vedi http://rzradiozio.blogspot.it

martedì 21 agosto 2012

Il "dice che..."

Il dice che è il nostro sport nazionale; ancora non olimpico, ci stiamo lavorando.

Racconti di terzi passati, filtrati da membra di altri, cambiati, mescolati.

Il dice che, fonte e causa di ogni male. Entropica forza che spinge a osare di più, correggendo rotte immaginifiche.

Prima e vera malattia cronica, fattiva storia che si trasforma.

Dice che. Un must. Slogan percettivo, unicuum che congiunge vite, crea scintille, distrugge rapporti.

Lui, il solo, il grande, dice che.

sabato 4 agosto 2012

L'inverno sta arrivando (da L'Atipico Luglio-Agosto 2012)

Scipione, Caronte, Lucifero, una banda di allegri nomignoli, come al solito, ci sta deliziando, acclimatandosi (ma non ci stiamo acclimatando noi, anzi, soffriamo le pene dell’inferno – appunto).


E presto arriverà il toto - tormentone di questi tre mesi, mentre io bestemmierò parole senza senso, cercando di capire quello che sto leggendo, vedendo, sentendo.


E così passerà un’altra estate, e purtroppo sarà uguale a tutte le altre, giovani adolescenti in cerca di rifugi bui arredati da musica di profondo cattivo gusto e alla scoperta della loro sessualità agli albori, ancor più giovani bimbi innocentemente entusiasti dei giochi sulla spiaggia, e adulti che vorrebbero tornarci, bambini, ma che fanno finta di sapere tutto, chiusi dietro scure lenti e pagine rosa di giornali.


Insomma niente di nuovo, nonostante la crisi ci sarà il solito “esodo” (che quest’anno assume un senso anche in forma “previdenzial-pensionistica”), ci sarà la solita, strabordante, massiva deflagrazione culturale, con annessi e connessi.


Tutto come sempre, purtroppo, o per fortuna, che essere inconsapevoli, di questi tempi, è forse un bene, andare nella solita spiaggia in mezzo ad altri mille è sentirsi parte di un tutto, o perlomeno di qualche cosa, è accontentarsi, ma è la stessa cosa da fare nella vita, tutti i giorni, forse.


Forse, perché credere che ci sia una via d’uscita, un qualsiasi spiraglio, è sempre confortante, ed è quello che come al solito mi impone, mi consiglia, richiamandomi alla lucidità, di non frequentare “certi-posti-e-certa-gente-stai-attento-che-non-si-sa-mai”, ma anche e soprattutto di continuare per la mia strada, nonostante i caldi, nonostante tutto.


Tanto poi tornerà settembre, ottobre, la vita di sempre anche nel mondo fiabesco del circo estivo,  e allora tutti diremo, chi con più chi con meno enfasi, citando Il Trono di Spade e Lord Stark, “L’Inverno sta Arrivando”.



giovedì 26 luglio 2012

Collage Mentale

Sopraggiunge spesso un senso di nausea.

Altrimenti detto: odio-incline-alla-violenza.

Ma poi non sfocia mai in atti di così-ampia-e-incivile-portata.

A pensarci, la mia testa è anticostituzionale.

Tra il dire e il fare, c’è di mezzo un-circuito-neuronale, o quel che è.

Addio, le disse, ma non ascoltava.

È come essere morti, vivendo.

Non è come sembra, ma sembra quel che è.

Braccia intersecate, corpi vicini, amore al quadrato.

Cazzo

Non me ne frega niente di Dio, del Demonio, dei sacramenti e di TE.

Tasselli di ricordi, letture, esperienze, si uniscono, a volte, e creano una mappa, che non porta mai a niente.

Vorrei saperla leggere, talvolta, per vedere se funziona, ma non ci spero tanto.

Domani iniziano le olimpiadi.

Cinque continenti che si intersecano in una bandiera bianca.

Embé?

Vorrei essere ascoltato, ogni tanto.

Mi sento chiuso in un cubo di plexiglass, non riesco a respirare

Embé?

Ciao, disse, e lei rispose: chi sei?

venerdì 20 luglio 2012

Umano, troppo umano. Odio

Odi diversi, particolari, essenziali.
Naturali, come certe involontarie allergie.
Brutali, come carne macellata.
La forma più pura e vera di vita. Odio.
Niente falsi buonismi, per favore.
Vedo mille persone al giorno, e la maggior parte la aborro, impegnata com'è a cercare un modo per occupare spazi di tempo, ancorché inconsciamente mera consumatrice, senza volontà, senza desiderio, senza spiragli.
Niente vie d'uscita, odio, in gran parte, fin troppo, ma mi accorgo sempre più di non credere ad altro.
Troppo semplice, amare tutti, troppo finto.

Umano, troppo umano, odiare

giovedì 19 luglio 2012

Così, per dire

Omaggio al vecchio cinema. Quello vero. Quello tanto-bello-da-non-essere vero.

Razzo nell'occhio della luna. Le voyage dans le lune.

Hugo Cabret, il cameo di scorsese.
Piccoli sorsi di gioia, ogni tanto.
Amore, quello vero, per empatiche affinità sensoriali con pellicole che sfrigolano, anzi non lo fanno più.
Almeno credo.
Il mondo, quello vero, sempre piatto nonostante l'abbiano confutato, cosi come fanno con tutto.

Peraltro non capisco ancora, o forse sì, tante coincidenze, come quelle di treni impauriti nell'affrontare chilometri come spiagge deserte.
Un sibilo, un rantolo, quel che è.

Così, per dire.

martedì 17 luglio 2012

Preventivamente Contrario

Non credo nei preamboli, nei preliminari, in quelle pause preventive fatte apposta, ad arte(fatte).

Tutto subito, vorrei, ma non credere negli scalini necessari all'obiettivo diventa anch'esso uno scalino, spesso volontariamente insormontabile.

E sempre più immagino di essere in un film, a volte visto altre ineditamente mio, e lo plasmo, ma il finale è sempre quello alternativo.
L'attesa diventa sogno, come i ritardi perenni degli altri.
Forse i film immaginati a volte si realizzano, ma sono preventivamente critico al riguardo.

Non vorrei rovinarmi un finale che so già diverso. La recita può durare ancora. Il film non è ancora alla conclusione.

Fin (come nelle migliori pellicole d'annata)

sabato 30 giugno 2012

Buonanotte 36 (atta a ordire un inganno)

Ancore malfissate fanno derivare navi malposte, come attimi apparentemente giusti mostrano la loro insensatezza.

Dovrebbero sentirmi, a questo punto, come sentono il vociare di masse impecorite, zelanti pascoli rumorosi, e invece il mio sussurro rimane inascoltato, come voglie che appaiono su pelli scure.

È un mondo, il mondo, di quelli fatti bene, e atti a ordire inganni (cit.) fini, studiati nei minimi dettagli, come non lo è invece questa buonanotte, una, ma potrebbero essere mille.

lunedì 25 giugno 2012

UN/A “INSERISCI UNA PAROLA” VI SEPPELLIRA’

L’Italia s’è/si desta, a ogni nuova partita dello sport nazionale, innominabile mito pagano di un paese tutto, di un mondo “parrocchiale” che si scopre incapace di mostrare altrimenti la propria natura.

E cosa sarà a seppellirci, se non il calcio, che mai come quest’anno si fa metafora economica, politica, ma che, purtroppo non lo può essere; non sarà una coppa a unire, né una partita, ma un consiglio europeo, semmai.

Illudersi, credere che sia tutto così facile, è ingenuo, e 3 PIGS contro la Merkel sembra un titolo da film-di-bassa-levatura-morale, altro che semifinale, altro che “derby-dello-spread”.

Quindi, inseriamo una parola al detto comune, ma non quella giusta, che una risata, semmai, non ci fa vedere la terra, o forse non la fa vedere a “loro”/gli altri/i nemici.

domenica 17 giugno 2012

Buonanotte 35 (a ruota sempre più libera)

Passi.
In avanti, forse, che stancano, sfibrano membra troppo fragili per rimanere erette, o perlomeno normalmente funzionanti/funzionali.

Voragini, interne, che trasformano ogni passo in lento e timoroso incedere verso un baratro sempre vicino, sempre all' erta, lui sì, eretto, lui sì che sa come catturare creature ancora malleabili.

E che passi, questo giorno piuttosto normale, come tutto del resto, qui.

E ancora cercando di demarcare un attimo dall' altro mi rendo conto della mia ingenuità, io sì timoroso nella mia ricerca di un salto al di là, nel mio cocciuto disinteresse.

Troppo credulo, troppo imberbe ancora per saper distinguere il vero, il bello, il buio, il vuoto.

Buonanotte

giovedì 14 giugno 2012

Elucubrazioni Mattutine 21 (o della normalità che appassisce)


Lungamente ho cercato di dissimulare l’evidente manipolazione compiuta ai danni di svariati me, più o meno reali.

L’ho fatto, e lo continuo a fare, per credere di dare un ordine, molto arbitrario, a deliberate voluttà quotidiane, chiudendole nella gabbia della quotidianità, dando loro lauti pasti di perbenista normalità, inquadrandole in una vita non proprio loro, non proprio mia.

Certo è proprio così che vanno le cose, cercare di adattare il proprio sé al contingente (o tale forse apparentemente); cercare di trovare una barca, non importa che sia zattera o yacht, perché si è stanchi di nuotare; salire a bordo, e dimenticarsi poi di quant’era bello stare in acqua, faticare, ma poi vedere quella luce nella quale lasciarsi andare.

Come ho già scritto e pensato molte volte, indossiamo sempre delle maschere, più o meno attinenti alla faccia che c’è sotto; le indossiamo, e molte, troppe volte ci dimentichiamo che quello è solo un ruolo, che rischia di collimare, di assumere in sé tutto, proprio per questa fatale amnesia, o volontaria scelta, chissà.

Ma ci sono dei momenti, delle notti soprattutto, nelle quali, soli con noi stessi, infine comprendiamo, vediamo, in un’ansiosa condizione di malessere, perché, magari in sogno, abbiamo visto qualcosa che ci rimanda alla vera dimensione, “smascherata” dall’abitudine e dalla noia, qualcosa che parla dritto alla nostra vera faccia, e guardandola negli occhi le sussurra la chiave di volta; il cielo si rannuvola inizialmente, ma solo per poi rischiararsi.

Forse, perlomeno per una giornata, passata poi a rimuginare e a riflettere, forse troppo.


giovedì 7 giugno 2012

Delle scarse abilità cromatiche del manicheismo (da "L'Atipico" maggio-giugno 2012

Ad essere sincero, il manicheismo non mi è mai andato giù.


Lo yin e lo yang, il bene e il male, bianco e nero, ma soprattutto rosa e blu.


La comprensione del reale mi è sempre sembrata molto più complessa di una mera suddivisione in binari, anche se questi si uniscono, tagliano, incrociano, non si trovano mai, insomma condividono spazi abbastanza fittizi e occasionali.


Così, come le donne sono sia streghe che principesse, o nessuna delle due, anche l’uomo è condannato a essere un eterno pendolo tra rospaggine e principesca attitudine.


Insomma, bando alle ciance, sappiamo tutti di avere dei momenti paludosi e dei momenti azzurro/bluastri/disneyani; la virtù, come direbbero alcuni esponenti del (già) fu Terzo Polo, sta nel mezzo.


Dobbiamo cercare di limitare l’uno e l’altro estremo, così da essere simpatici animaletti viscidi, ma allo stesso tempo bellocci nobili a cavallo; ovviamente, e anche questo si sa, tutte queste preoccupazioni sono legate all’altra metà della mela: a tutte le streghe e principesse che con uno sguardo ci fanno capire quale delle due parti interpretare.


Insomma non solo rosa e blu; in ogni caso il manicheismo non è un gran pittore, visto e considerato che questo mondo è ormai diventato una tavolozza arcobaleno, nella quale noi cerchiamo la giusta combinazione tra mille per indossare quella maschera colorata che ci tiene in vita.


Niente Yin, niente Yang, niente rosa niente blu.


Assurdamente casuale, razionalmente mescolato, fra rospi baciati e principesse con strane rimembranze di stregoneria, è questo il mondo in cui ci ritroviamo a vivere, fra pregiudizi reciproci e legittime diffidenze.



giovedì 24 maggio 2012

Buonanotte 34 (della parola che torna, sì, ma come?)

Metodi differenti per esprimersi.

Nell'era del 2.0 tendente al tre abbondante siamo comunque alla ricerca di ulteriori spazi propri ancorché virtuali per tacere la nostra voglia di trasformare idee in contenuti.

Altro che must have, altro che DIY qui siamo tornati alla parola.

Detta, sussurrata, paragrafata, tante/troppe parole ci piovono addosso come acida pioggia da riscaldamento globale.

E tutto questo non fa che distopicamente allietare il mio lato misantropo.

La fiducia sta a zero quando tutti si costruiscono opinioni come castelli di carta fradicia.

Così un'altra notte mi sarà amica, con le sue tenebre mi ricorderà che ho bisogno di pensare. Ancora.

giovedì 17 maggio 2012

Di teste che saltano (n'altra buonanotte)

Ho aperto gli occhi. Perché non vedo?

Ho messo un piede davanti all'altro. Perché non corro?

Ho riflettuto abbastanza casualmente alle sensazioni che provo quando mi accorgo della funzionalità del mio essere rispetto all'utilizzo che di queste effettivamente faccio.

Ho amplificato le orecchie. Perché non sento?

Mi trovo a credere che sia un rigetto. Una specie di sciopero inconscio.

Ho piegato le ginocchia. Perché non salto?

Forse non mi accorgo del messaggio ctonio che c'è dietro. Sono io a non accorgermi che in realtà sto facendo tutto questo senza stare troppo a pensarci.

Mi sembra di vivere in un film di Lynch. Quando in eraserhead salta la testa. È la mia.

Ho aperto la bocca. Perché non parlo?
Ho chiuso la mano. Perché non scrivo?

Perché non urlo? La mia testa è saltata

mercoledì 2 maggio 2012

Buonanotte Trentatrè

Cercavo un sogno nei meandri della mia testa.

È andata che ho trovato una realtà, abbastanza rituale ancorché casuale.

È andata che quel sogno non esisteva più, non era più vivo di ciascuno di noi, morti con ancora un rigor prettamente arbitrario.

È andata che mi è rimasto uno spasmo nervoso a testimoniare la mia volontà più che altro potenziale

È andata così, in una notte gemella di mille altre, con una luna da cartolina come testimone immemore e imperituro.

martedì 24 aprile 2012

To rome with love (ahia)

Si capisce già da subito, da quell’inizio con nel blu dipinto di blu e un vigile urbano fin troppo cartolinesco, e conseguente scrollata di capo da parte dello spettatore medio alto, che To Rome With Love non sarà Allen ai suoi massimi.

Con una canzone che è simbolo di certa Italia, con un vigile urbano non da meno, appunto inizia un film che sarebbe potuto essere qualcos’altro, visto l’uomo che stava dietro la macchina da presa.

Di certo, c’è di buono proprio il ritorno del buon vecchio Woody (doppiato per la prima volta da Leo Gullotta, che fra l’altro non sfigura, anche se Lionello era Lionello) alla recitazione, unica nota positiva, e unica delle quattro storielle degna di qualche rilievo, e dei pochi spunti interessanti di un film che altrimenti risulta profondamente stucchevole nelle ambientazioni e nella fotografia e deludente nella sceneggiatura e nelle prove attoriali (unici salvabili Alec Baldwin e la Page che è difficile da odiare).

Terminerà quindi forse qui la lunga sosta europea di Woody, con il film peggiore della stessa, che ci aveva regalato proprio l’anno scorso con Midnight in Paris un’affresco di Parigi e del passato indimenticabile e nel 2005 echi dostoevskijani con Match Point.

Parigi – nostalgia del passato, Londra – delitti a la Raskolnikov, Barcellona – passione e calore umano.

E a Roma rimangono quattro racconti fin troppo banali, fra stereotipizzazioni (che ci starebbero anche in un film di Allen, anche la New York di Manhattan era in certo qual modo stereotipizzata, ma qui contribuiscono a appesantire il tutto), fra un Jesse Eisenberg che si innamora della migliora amica della sua ragazza, un Benigni evidentemente ormai arrivato alla pura macchietta, e una coppia Tiberi (Seppia ti salvo perché sei seppia) – Mastronardo (si chiama così, quella che fa tutte le peggio fiction di rai1?) che interpreta un classico della nostra cinematografia, la coppia di provincia spaesata che arriva nella città, con una Penelope Cruz nel ruolo di prostituta maestra di vita (tema ricorrente anche questo in Allen, ma con altri risultati, solitamente).

Insomma il tutto è deludente, profondamente, e lascia echi dell’Allen che fu, e che potrebbe ancora essere.


Di certo, il tour europeo si potrebbe chiudere qui, con “il regista americano più europeo” (cit.) che torna a paesaggi più propri, che riescono sempre a far tornare i veri temi, che sono sempre stati autobiografici, di Woody, dal quale ci aspettiamo forse non un film all’anno con risultati alterni (Midnight in Paris era infatti una chicchina), ma gli affreschi metropolitani di nevrosi che ci ha regalato anche ultimamente (vedi Basta che Funzioni)



giovedì 19 aprile 2012

Buonanotte 32 (o di frecce lanciate verso una vita non loro)

Sono molte le frecce che mi indicano la strada.

A volte vorrei distruggerle, smussandone le punte a martellate, macinandole come carne di seconda scelta.

In altri momenti vorrei abbracciarle, e farmi trafiggere da quelle punte che almeno sanno dove puntare. Cosa mirare.

Miraggi troppo eterei per farsi realtà, che mi fanno credere che tutto questo avrebbe ancora un senso, se fossi una freccia puntata verso chissà dove.

Verso un orizzonte lontano, ma comunque definito.

Datemi un obiettivo da raggiungere e vi dirò chi sono, come una freccia ormai stanca di essere tale ma consapevole di vivere nell'unico modo possibile. Guardando avanti.

L'hai mai vista puntare indietro?

Buonanotte

giovedì 12 aprile 2012

PIU’ STUDIOSE, PIU’ PRECISE, PIU’ REGOLARI (da "L'Atipico" Marzo/Aprile 2012)


Che sia veramente stata creata da una costola dell’uomo, oppure no, la donna è comunque una parte essenziale della nostra vita, elemento rinnovatore (o almeno dovrebbe) di una società civile, e dunque, contestualizzando, né strega né principessa, o forse entrambe.
È ormai dimostrato che le quote rosa (formula forse di discriminazione per le donne stesse: un numero prestabilito sembra una cosa un po’ medioevale…) sono più studiose, più precise, più regolari (vedi Activia).
Insomma, tempi bui ci aspettano, amici miei; una donna può stregarci col fare di una principessa e noi siamo finiti, ci cadiamo inesorabilmente come pere ormai mature da un albero; inoltre (e giustamente, aggiungo per non passare male) il gentil sesso si sta sempre più affacciando in ruoli di responsabilità prima riservati solo a noi, uomini che credevano di avere il diritto e il potere di prevalere su quelle donne che solo per dover trascinarsi dietro il peccato originale della maternità non avevano spazio nella società civile.
Ma parlare così, forse, è anch’esso discriminatorio: dovremmo, credo, iniziare a non meravigliarci più, ma ammettere come naturale l’equivalente presenza di entrambi i generi, senza rimanere ottusamente legati a vecchie ottiche ma nemmeno credendo di avanzare con proposte oltremodo limitative.
Non possiamo più permetterci di escludere nessuno da niente; è imprescindibile l’apporto di ognuno, soprattutto di donne abituate a superare ogni ostacolo con strenua forza, stringendo i denti, ma anche di quegli uomini che pur poltrendo nel divano, aprono la porta alle signore ma le trattano come pari nella quotidianità del lavoro, o della scuola, portando a galla una sana, onesta e sacra competizione.
Insomma, una donna continua a stregarci col fare di una principessa, ma in fondo questa dualità è dovuta soprattutto a noi, maschi “veri”, che dobbiamo per forza etichettarle, senza contemplare il beneficio del dubbio, men che meno ammettere la vacuità della nostra vita senza di loro. 

lunedì 9 aprile 2012

Buonanotte 31 (o di quotidiane maschere)

Ogni giorno indosso una maschera, adatta a farmi credere di essere a mio agio nelle varie situazioni.

Mi fingo interessato ai luoghi comuni sciorinati da idioti fintamente acculturati, a pavide dimostrazioni dell'intelletto di persone che fingo di sovrastimare.

Mi metto addosso le vesti del socievole ragazzo che sarei dovuto essere, quando sono costretto a condividere ore preziose non facendo niente, ma vivacchiando, facendo una larga spola tra squallore e perbenismo.

Ogni tanto non riesco a trattenermi, e sfocio così in slanci che qualcun altro definirebbe cattiveria, pienezza di sè, egocentrismo.

Sorrisi compiaciuti mi si stampano addosso talvolta, con la rassegnazione di chi sa che non c'é scampo.

Ogni giorno, dovrò convivere con la mia maschera, e saprò di poterla togliere solo con pochissime persone, e ritagliandomi spazi (anche virtuali come questo) solo miei.

Posandola, delicatamente, perché purtroppo è gran parte della mia vita, e augurando buonanotte a chi mi capisce, nella speranza che siano pochi, altrimenti la dovrei indossare di nuovo, un contrappasso fin troppo inutile per indugiarci su.

domenica 8 aprile 2012

Buonanotte 30

Cieli troppo schiaccianti per essere veri. Reali.

Come le parole che non dirò, bloccate in un odio quasi viscerale, cementate con misantropa nonchalance.

Un'altro giorno che muore, che si avvicenda subito con un altro appena nato, ancora in fasce.

Che piange. Urla, strepita, come appesantito da quel cielo buio che riempie spesso anche la mia testa.

E un domani che è gia ieri, a ricordarmi che l'unica cosa veramente necessaria sarebbe più tempo.

Molto di più.

Buonanotte

lunedì 2 aprile 2012

Buonanotte 29

Elio sosteneva che tra il dire e il fare c'è di mezzo e il. Qualcun altro tirava in ballo il mare.

Io credo che l'attuabilità di un'idea che potenzialmente è in sé azione sia molto più verificabile di quanto si pensi.

Cercare vie di fuga forse è un modo più semplice per non ammettere di voler trasformare una realtà particolarmente tediosa in quello che si vuole.

Perché in fondo, il mondo come rappresentazione è più reale di quanto si creda, stretti tra forze di indicibile potenza, che ci costringono a svincolarci in modi inusuali.

Credo altresì che certi viaggi mentali siano irrealizzabili, ma che forse il loro essere non attuabili praticamente nasconda un significato, una strada da seguire.

Che niente sia impossibile è dunque forse un utopia, difficilmente credibile, ma che le nostre idee siano solamente virtuali e vaghe è ingiusto, verso noi stessi.

Quindi buonanotte, che siate inguaribili sognatori o cinici realisti, che tanto scoprirete che quello che volete fare, in qualche modo, riuscirete, magari in forme diverse, magari per vie traverse, a farlo.

lunedì 26 marzo 2012

Buonanotte 28 (o a ruota libera 4)

L'oscurità di questa notte che rispecchia la timidezza della luna mi pervade.

Crea dentro me un vuoto, un desiderio inesprimibile di conoscere, di sapere. Una volontà di potenza altamente inattuabile proprio perché più che altro potenziale.

Sento spesso il bisogno di riempirmi di parole, concetti, per avere sempre qualcosa da fare, da dire.

Non riesco mai a superare l'imbarazzo di quei momenti purtroppp frequenti in cui mi ritrovo imbambolato senza conoscere le parole giuste. Le frasi di circostanza. I luoghi comuni. Mi mette a nudo, in una notte più fredda di questa

Questo nonostante mi ritenga abbastanza socievole nel mio snobismo.

Ma come le parole che vorrei saper dire, queste sono soltanto manifestazioni puramente e necessariamente pro forma.

Dicono che la vita, ma non ci credo tanto, non è questo. Dicono che sia là fuori.

sabato 24 marzo 2012

Elucubrazioni mattutine 20

Dal dibattito sull’articolo 18 e riforma del lavoro ne emerge uno ancor più ampio e di portata più generale, che è quello, di eterna attualità in un paese raimediaset (come direbbe Lopez al buon vecchio René Ferretti su Boris – la concorrenza non esiste, siamo noi etc) dipendente, sull’informazione, o meglio, sulla disinformazione imperante.

Si può parlare ancora di lotta di classe? Di monetizzazione del lavoro? (mah)


Stiamo cercando veramente di andare avanti, di diventare un paese moderno, oppure siamo sempre qui a sindacalizzare (o meglio a farci sindacalizzare), a cercare il compromesso, a ripetere per l’eternità vecchi tabù, ormai obsoleti e anacronistici?



Tutte queste domande si riflettono sulla non informazione del popolo italiano, abituato da decenni di duopolio informativo ad ascoltare con “le antenne ritte” la cronaca, la spettacolarizzazione del “dagli allo straniero” etc, e ad andare in standby, con la lucina rossa (che anche l’uomo ce l’ha, e non la spegne nemmeno), quando si parla di dibattito politico, “che tanto so tutti uguali”, “che parlano in politichese”, “Fornero al cimitero” e via dicendo.

E non che se non fosse in standby l’italiano medio ci capirebbe qualcosa, attanagliato dalla partigianeria di tutta la tv “generalista”, sempre e comunque incline ad assecondare secondo la spartizione ormai consolidata negli anni, e oggi mascherata da logica politica di pari opportunità, per cui rai 1 si sa da che parte sta, e rai 3 ugualmente; poi che si possa preferire la sinistrorsa e comunque molte volte maggiormente adatta a prendere il nome di servizio pubblico terza rete, rispetto alla scadenza (ormai già consumata preferibilmente) dei prodotti del primo canale, fra trash tendente all’infinito e fiction assurdamente malfatte e palesemente idiote (anche qui Boris torna in mente imponente) è un’altra cosa.



E sulla vicenda a tratti indecente della resistenza su un punto dell’articolo 18, unica parte su cui sembra incentrarsi certa opinione pubblica di una riforma ben più ampia e complessa è emblematica.

La conferenza stampa del ministro, integrale, trasmessa da SkyTg24 (e anche, a onor del vero da RaiNews), con successive analisi di esperti di tutte le opinioni a riguardo, sarebbe ben più educativa, e soprattutto esplicativa.

Combattere la disinformazione è una gara persa, in uno stivale annacquato com’è il nostro paese, dove ci si appassiona a vicende cronachistiche ma si è perso ogni senso civico e civile del parlare perché si sanno le cose; un paese dove la politica di ambito giovanile è emblematica al riguardo, oscillante tra una sinistra ancorata al “no a prescindere” e una destra assolutamente e ideologicamente inadatta a esprimere qualsivoglia opinione.

Problemi che, forse, con un po’ di informazione oggettiva in più, e con una maggiore coscienza da parte del tanto declamato popolo sarebbero certamente più facilmente risolvibili.





giovedì 22 marzo 2012

Buonanotte 27 (odio derivante dalla disillusione sui miei coetanei)

Sentimenti contrastati e contrastanti verso chi mi circonda, soprattutto coetanei che vedo rimbecillirsi dietro ai falsi miti dell'apparente sicurezza, mascherata da stabilità.

Un po' vi odio, un po' vi invidio, mentre nascondete dietro un'ovvia ignoranza una altrettanto ovvia socialità da bar sport; odio i vostri luoghi comuni usati come spade per squarciare pietosi veli, ma invidio la vostra capacità di infilarvi dappertutto, sapendo quel che dire, quando non dovreste dire niente.

In fondo vivere senza stimoli è un modo, neanche il peggiore, per vivere.

Campate perché sì, in un'idilliaca speranza che il vostro non far niente duri per sempre, cosicché possiate in eterno prendere aperitivi e leggere quotidiani sportivi.

Un po' vi odio, voi che sapete cosa fare, non facendo niente, un po' vi invidio - la vostra ignoranza in fondo vi permette di non farvi domande e quindi il non avere risposte non vi preoccupa affatto.

Buonanotte anche a voi, generazione di esperti della domenica - vostra unica e ragionevole fonte di esistenza.

lunedì 19 marzo 2012

Buonanotte 26

Vedo male, come se un inadatto automobilista mi stesse puntando addosso fari più che abbaglianti.

La luce riflessa in uno scorcio di vetro rende il mio incedere oltre che indefinito incerto.

Vado a tentoni in una strada troppo erta per essere definita salita, ma troppo luminosa per essere chiamata vita.

In effetti, le scelte importanti è come se le compiessi come sotto effetto di fari accecanti che si rivolgono a me.

Chiamale circostanze, casualità,destino, ma nella realtà dei fatti sono costretto sempre a manovre brusche, inavvertite.

Che poi, fortunatamente, non sia mai andato fuoristrada, quella è un'altra storia.

Fortuna, un faro abbagliante fra le scelte di una vita, luminosità indefessa in una notte ancora lunga.

Buonanotte

domenica 18 marzo 2012

Buonanotte 25

Un sogno. Forse due.

Tutto quello che mi serve per uscire di qui. Vivo. Indenne.

Niente contraccolpi. Un sogno o forse due sono necessariamente l'unica cosa che può salvarmi da un appiattimento mentale perentorio.
Una via di fuga che mi permetta di tornare al reale più convinto. Più forte.

Un sogno. Forse due. È quello che desidero, in una notte come mille altre. L'unico modo che ho per sentirmi vivo, ora.

Buonanotte

sabato 17 marzo 2012

Elucubrazioni mattutine 19

Ancora e ancora, le settimane passano, velocemente, come giorni leggermente più lunghi che sforano le 24 ore e non si riposano mai, per recuperare.

Basiamo le nostre vite su un tempo neanche troppo immaginario.

Se ne abbiamo troppo a disposizione ci annoiamo, se ci manca siamo stressati: insomma il tempo è uno dei comodi cuscini sui quali poggiare le nostre insicurezze, le nostre paure, così da farle stare tranquille e da non colpevolizzare troppo noi stessi.

È un modo di dire, insomma, una di quelle perifrasi con le quali giustificare carenze inaccettabili, o dietro cui parare eventuali errori di calcolo.

Un caro, vecchio, camerino dove mutare forma, per fingere di essere ciò che non si è, usando il tempo e il suo scorrer inesorabile come vestito dove cucire pezzi mancanti, o eccedenti, del proprio io.


mercoledì 14 marzo 2012

Elucubrazioni mattutine 18

Il sole splende portando con sé raggi di calore importanti.

A volte credo che in realtà ogni problema è autoreferenziale, non ci sono certezze risolutive perché non sappiamo dove trovarle.

In effetti non so bene cosa fare di questa vita, come se mi affidassi al caso credendo di avere una qualche scelta.

Il sole splende e porta con sé una luce benefica, schiaritrice di idee.

Entra dentro un calore diverso, di chi in fondo si affida alle correnti volontariamente.

Permane ancora una parvenza di volontà, in questa mattinata dove il sole splende e ti fa sentire vivo. Ancora e di più.

Buongiorno

martedì 13 marzo 2012

Buonanotte 24

Stamani era ieri, forse ora è domani.

Capita di lasciare che la dilatazione del tempo si infiltri in meccanisimi cerebrali fin troppo nervosi, come acqua in una spugna, o il contrario.

Sentirsi addosso il tempo che passa, volerlo lavare via ma ritrovarsi sempre più insaponato.

Quindi, dopo questa giornata che sembrano tre, c'è giusto il piccolo, ma necessario spazio per dire

Buonanotte

Buongiorno

Un candido buongiorno, da chi già è in movimento da un paio d'ore.

La giornata si prospetta lunga ma densa, come ormai d'abitudine da qualche tempo a questa parte, e arrivare in fondo sembra difficile, come un percorso pieno di ostacoli da saltare.

Ma siamo allenati, e ce la faremo, come al solito; non sarà questa giornata ancora bambina a fermarci.

Buongiorno!

lunedì 12 marzo 2012

Buonanotte 23 (o degli occhi e dei gabbiani)

Occhi. Aperti, spalancati su un vortice di parole confuse.

Le guardano, come un gabbiano alla  ricerca di un mare che sembra lontano. Irraggiungibile.

Quegli occhi ormai quasi disidratati sanno, come quel volatile sfinito, che la libertà è là, in quel mare di parole che sta iniziando ora a delinearsi, formando un paesaggio meravigliosamente iconico, una frase finalmente compiuta.

E la meraviglia arriva, con la consapevolezza di avercela fatta. Ancora una volta.

Gli occhi si chiudono, il pennuto ha raggiunto l'irraggiungibile.

Si guardano, sorridono compiaciuti e se ne vanno.

Ognuno per la sua strada, ora che l'hanno trovata.

Buonanotte

domenica 11 marzo 2012

Buonanotte 22

Spazi troppo piccoli per contenere insieme quiete e tempesta, lampo e tuono.

Si sprecano metafore atmosferiche, le poche che nel loro naturale coesistere e nella loro forza brutale possono riflettere le sensazioni interne.

La complessità del mondo che globalmente riesce a spiegare la semplicità di un singolo, che però ritorna a essere complesso in un circolo vizioso e vorticoso mal esplicabile.

Niente di nuovo. Mai.

Buonanotte

sabato 10 marzo 2012

Buonanotte 21

Non chiamo mai i miei sogni col loro nome, lo trovo inutilmente ridondante, uno specchietto per un allodola troppo grassa per muoversi alla giusta velocità.

Non credo in molte cose, essendo cinicamente abituato a forme non troppo credibili di per sé.

Non li chiamo mai troppo forte, dato che ormai ho capito il loro incedere lento ma inesorabile, come un macigno pesante ma che allevia il dolore interno del sentirsi leggeri, in grado di prendere il volo.

Come se,paradossalmente, un sogno in sé fluttuante, foriero di leggerezza, fosse proprio ciò che mi tiene di più coi piedi inchiodati a terra.

Buonanotte

martedì 6 marzo 2012

Buonanotte 20

Stati d'animo contrastati e contrastanti in questo spazio precedente al profondo sonno che (spero) mi sta per accogliere tra le sue braccia.

In fondo non serve molto per essere felici; andando ancora più in fondo forse non serve essere felici, ma solo riempire spazi vuoti.

Spazi inutilizzabili se non come lasso di tempo in cui riflettere la propria condizione, e riflettendola esporla ad un pubblico inadatto a capire, troppo ignorante per intendersi di certe cose.

Come far ascoltare Shadowplay ad un usuale consumatore di ligabui e negrita vari.

Come, cioè, volersi far del male, consapevolmente.

Buonanotte, anche a quel pubblico.

lunedì 5 marzo 2012

Elucubrazioni mattutine 17 (infatuazioni croniche)

Tutto inizia. Ad un certo punto.
Vite, idee, sogni forse troppo incoscienti, tutto ha un inizio, uno start, la condizione sine qua non.

E certo che ci dev'essere qualcuno che dia il la a un concerto, altrimenti tutti stonerebbero, nessuno avrebbe il coraggio di ammetterlo ma il meglio andrebbe a rotoli, e al sopraggiunto peggio andrebbe la palma di vincitore.

Questo se non ci fosse un inizio; in tutte le cose, il primo periodo, chiamiamolo qui infatuazione, è comprensibilmente il migliore; l'effetto novità, unito al piacere di scoprire lati di sé finalmente non più sopiti rende piacevole ogni cosa; l'infatuazione, per una donna, per un lavoro, per qualsiasi piccolo mattone posto sulla casa che stiamo costruendo, è il momento in cui tutto è meravigliosamente sensato.

Poi arriva, lenta ma neanche tanto, la forza dell'abitudine, quella forza costringente che ti fa sentire il peso del mondo addosso; ogni passo diventa imponentemente faticoso, come se fossimo immersi in gel balistico.

A questo punto ogni cosa potrebbe finire, lasciando che una nuova infatuazione arrivi, spazzando via tutto; non sto parlando solo di relazioni sentimentali o pseudo tali, ma di qualsiasi cosa fatta, di qualsiasi esperienza compiuta, di qualsiasi libro letto.

Ed è a questo punto che le cose veramente belle ti riconquistano, lasciando, invece che spazio ad una nuova infatuazione, il dubbio e insieme la certezza che non puoi, in nessun modo, farne a meno.

E' dopo aver scoperto la noia dell'abitudine, che le cose meritevoli aprono il sipario, distruggendo brutalmente l'intorno, mero artificio mentale.

sabato 3 marzo 2012

Buonanotte 19 (o di un rosso cartello esagonale)

C'era un rosso cartello esagonale a margine del crocevia che stavo attraversando.

Un candido, innocente, semplice stop, a delimitare tutto ciò che sono sempre stato da quello che non sarò mai.

Tutta la mia vita, quella iperreale e ipertrofica era al di qua, e dal cartello si dipanava una linea piuttosto immaginaria che teneva compatto il mio io.

Al di là illusori sogni, idee fin troppo blasonate ma che provenivano evidentemente dalla mia testa.

I miei sogni, le mie vite immaginate, tutto quello che in tempi e modi indefiniti e indefinibili avrei voluto essere.

Al di qua nient'altro che il mio essere tangibile, al di là nient'altro che il mio voler essere di più.

E un rosso cartello esagonale da spartiacque, da rete fin troppo alta da scalare.

Buonanotte

giovedì 1 marzo 2012

Buonanotte 18

Erano attimi di insoluta certezza quegli attimi sospesi nel tempo come alianti in balia dell'evidente prepotenza atmosferica.

Attimi di noncurante idealizzazione del mondo circostante, quegli attimi in cui sogni mondi nuovi, adatti all'immagine non sempre cristallina di perfezione che di volta in volta muta, e mutandosi evolve in una continuata e perenne voglia di fuggire, cambiare qualcosa.

Erano attimi di voluto isolamento quegli attimi perfettamente strutturati come forme architettoniche platonicamente al di là del reale.

Attimi che vorrebbero essere ore, rivendicando un ruolo maggiormente risolutivo.

Attimi come pioggia battente, instancabile maestra di vita che non si accontenta di bagnare, ma inonda.

Quegli attimi adatti per dire una semplice, fin troppo banale parola: buonanotte

martedì 28 febbraio 2012

Precipue motivazioni del cambio di titolo del blog cui però non è seguita un'altrettanto necessaria modifica del colore di sfondo

E' tutto molto semplice.
Il nome del mio blog era fino a qualche minuto fa esattamente identico al nome del sottoscritto.
Mi immagino i commenti dei più assidui visitatori che ogni volta si trovavano sparato il nome del sottoscritto lassù in cima, e non era la cosa più elegante; faceva schifo, ammettiamolo.

Il problema è che finora avevo pensato a tanti possibili titoli, intestazioni, o quel che sono; ma niente mi sembrava rendesse l'idea di questo piccolo spazio nell'universo sconfinato del web.

Niente poteva emanare le mie sensazioni, le mie idee.
Niente mi sembrava adatto.
Niente.

Poi sabato, presenziando al concerto di Federico Fiumani, ho atteso invano una delle mie canzoni preferite dei Diaframma; ma il buon poeta/cantante/chitarrista/genio/uomoidealeperognidonna/iconanewwave/iancurtisitalianofortunatamenteconminoriistintisuicidi non me l'ha fatta.

Non ha suonato Neogrigio.
Non ha pronunciato la definitiva frase "il tuo candore sta svenando i miei giorni ferendo il bagliore della luce notturna, che si allontana in un sogno racchiuso nel buio: come una morte breve nelle stanze d'albergo".

Per me è stato un segno; un'evidente prova dell'ancor più evidente fatto che il titolo per il mio blog era lì, a portata di mano; era lì, nella canzone di uno dei pilastri della mia architettura mental/musicale.

Un segno, forse poco tangibile, ma molto chiaro, che il mio blog si sarebbe dovuto chiamare NEOGRIGIO.

Ed è perfetto.

PS: il colore dello sfondo rimarrà blu perchè ho provato il grigio ma non mi ci piace.
Mi perdonerete, seppur con una nota di palese derisione per l'incoerenza dimostrata?

domenica 26 febbraio 2012

Buonanotte 17 (o dei fium(an)i di parole)

Di ritorno da un concerto dei diaframma qualsiasi cosa dica risulterebbe banale di fronte all'incredibile fiume di parole, canzoni, poesie partorite dalla mente lucidamente geniale di fiumani.

Quindi non dirò niente di definitivo, niente di risolutamente stabile.

Come al solito, ma più coscientemente.

Del resto la notte sta per finire e io sono ancora qui a pensare a quanto appena ascoltato, compreso, vissuto.

Come se tutto il resto, incredibilmente svanisse pur mantenendo una certa dose di sensatezza.

Come se fossi stato per molto tempo bloccato da un guinzaglio e ora riuscissi a correre libero.

La forza delle parole, di certa musica è incommensurabilmente benefica, una panacea funzionalmente somministrata nel momento giusto.

Buonanotte, a tutti voi, che sappiate o meno di cosa sto parlando.

venerdì 24 febbraio 2012

Elucubrazioni mattutine 16 (dialoghi fra me e me 2)

A volte parlo con me stesso, veri e propri dialoghi; lo trovo molto rilassante, e rassicurante, sapere che chi mi ascolta sa tutto di me, e sa cosa sia meglio per me (perché è ciò che è meglio anche per lui).

- Un giorno ti sentirai veramente bene, vedrai che tutto andrà per il meglio


- Ahah, non credo che lo voglia.


- Perché?


- Sai che palle




Come già espresso nelle Elucubrazioni 15, è un dialogo forse mai veramente costruttivo, ché arriviamo sempre a compromessi mai ottimali per entrambi, a mediazioni puramente e statisticamente inesatte,  forme di controllo che uno vorrebbe esercitare sull’altro.



- Che giornata di merda


- Che bella giornata


- Che bella giornata di merda?


- (spallucce)

E’ amore, ovvio, ma è un amore alle volte conflittuale, di quelli enormemente problematici. Esempio: devo studiare: acutil fosforo e parto; poi a un certo punto…

- Ho un’idea per il blog, per la radio, per la tv, per il tuo futuro: cazzo ascoltami


- Devo studiare!


- La tua vita è più di quello, scrivi, crea, fai qualcosa


- Mi hai fregato un’altra volta

Ed è così che spesso e volentieri mi ritrovo potenzialmente in grado di fare delle cose genialmente belle, che poi tassativamente si trasformano in atto in delle mediocri forme di espressione scritta, o quel che è.

Mi è stato detto, in riferimento alle elucubrazioni 15, che questa cosa del dialogo è un po’ da psicanalisi, e sarebbe vero, senonché nella mia testa quei due stanno discutendo anche ora; continuamente; e li vedo qui sopra, l’angioletto e il diavoletto che a volte si scambiano le vesti e i ruoli.

- Oggi che facciamo, instilliamo il seme del dubbio?


- Ma sì, oggi facciamo crollare ogni residuale certezza


- No, io dicevo un piccolo, sadico, seme del dubbio


- Cattivo: allora oggi diavoletti te?


- Che lo chiedi anche?

A volte parlo con me stesso, veri e propri dialoghi; non lo trovo sempre rilassante, ma di sicuro è rassicurante, sapere che chi mi ascolta sa tutto di me, perché forse, in qualche modo, insieme cercheremo/anno di fare il meglio, per me, per noi.

- Buongiorno, mio caro


- Ciao


- Senti, sei felice della tua vita?


- Non è facile risponderti così, a botta


- E allora non lo fare


- Perché me l’hai chiesto?


- Perché nemmeno io so la risposta, ma forse la possiamo trovare insieme


- (spallucce) (sorride)



Buonanotte 16

Stelle fisse in cielo mi guardano riflesso come io osservo loro.

È notte ormai, e la luce che emanano é residuale, pura sembianza.
Qualcuno azzarderebbe pro forma. Un esercizio di stile.

Notte. Rassicurante coperta stellata che ci culli, ci esagiti oppure ci accompagni. Dove non si sa.

É come camminare a occhi chiusi, ma sapere dove andare.

La notte ci osserva come noi osserviamo lei, e quei piccoli puntini luminosi sono mille piccoli riflettori puntati su noi che dobbiamo rendergli omaggio, umilmente.

Resistere non si può.

Buonanotte

martedì 21 febbraio 2012

Elucubrazioni mattutine 15 (o dei dialoghi fra me e me)

Alle volte non è rassegnazione, e nemmeno svilimento, ma solo rimettersi in carreggiata.



- Ti piace?


    - Cosa?


- Io, te, noi, questa architettura, il mondo?


    - Non saprei, a te?


- Forse non è che mi piace, è che va così, e forse non è il modo peggiore in cui possa andare.


   - Forse.



In altri casi ti trovi a pensare fin troppo sulle ragioni, sui perché delle tue scelte, sui come avresti voluto essere qualche anno fa a questo punto della strada.



- Ehi


   - Ciao


- Ti ricordi di me?


   - Certo, come potrei scordarmi di te, sei nella mia testa


- In realtà, sei tu che sei nella mia testa


   - Oh cazzo



Ma in fondo, non ci sono premi, né vincitori, né vinti.


Quindi non è rassegnazione, e nemmeno svilimento, ma solo rimettersi in carreggiata, dopo aver sbandato un po’, soli dentro quell’auto che è la nostra testa, in quella strada che è la nostra vita.



- Mi piace questa atmosfera, mi piace questo posto, lo ho scelto perché è quello di cui ho bisogno.


    - Vuoi dire che tu, io, noi – siamo reali? Siamo scientemente qui, scegliendo quello che è meglio per noi, volta per volta?


-Sì, certo, insieme.


    - Meraviglioso


-Dunque ti piace?


    - Forse non è che mi piace, è che abbiamo deciso che vada così, ed è il modo migliore in cui possa andare.