venerdì 8 marzo 2013

Sono le 8, marzo

Rosa Luxemburg propose l'8 marzo come festa della donna per ricordare l'incendio dell'industria cotton di NY.
129 donne persero la vita dopo che il proprietario ebbe bloccato le porte dello stabilimento in cui lavoravano per fermare le proteste contro le condizioni di lavoro in cui versavano.
Ma l'8 marzo è qualcosa di più. È solidarietà, è partecipazione, specialmente in tempi che ci ostiniamo a chiamare moderni, nonostante la predominanza del machismo a tutti i costi, che sfocia purtroppo spesso in violenza, in femminicidio.
Orrore, invidia, presunzione, il credere che il lato rosa sia per l'uomo una coccarda da sventolare, da esporre, ostentare come un (p)ossesso.

La principale differenza tra i generi secondo me è una: le donne sono multitasking, riescono cioè sempre a fare piú cose contemporaneamente. E a noi non va giù.
Sono per forza di questo più adatte di noi ai tempi correnti, alle corse, allo stress.

Sono il motore, ma noi ci ostiniamo a rimanere attaccat allo sterzo.
Non mi piace mai essere retorico, ma i dati di fatto mi affascinano, le poche certezze che sento mie.
Mentre il mondo sotto scorre, il lato rosa dell'umanità è quello più pratico, ma allo stesso tempo più sognatore, è il complemento necessario e sufficiente.

Non riusciamo ad accettarlo, noi, omuncoli che si ostinano a credere che il potere sia virilità, ad additare colleghe, amiche, personalità su un lato pressoché univocamente pregiudiziale.

Le quote rosa sono la perfetta espressione di questo meccanismo, mentre dovremmo accettare come data l'ormai evidente realtà che non ha senso quantificare, ma qualificare, quello sì.

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