mercoledì 6 marzo 2013

E la sveglia suona

Fare. Per fermare qualcosa.
Sempre e comunque giri di parole, interrotte, intellegibili.
Sveglia.
Rendersi conto in grigie mattinate chel'unica strada percorribile è quella dell'automiglioramento. Fisico, forse, ma soprattutto intellettuale.
Non adagiarsi, non allentare mai la presa, per trovare qualcosa in cui eccellere.
In tempo, sempre.
La sveglia suona, ogni mattina, ti strappa da sogni fin troppo reali, a volte. Altre no, ma è come se lo fossero.
La sveglia suona, sempre, ti ricorda che sei reale.
Fare, per svegliarsi dal torpore.
Essere, per non morire ogni giorno.
Come acqua che sgorga fresca dalla sorgente, siamo in attesa di assetate bocche da rifocillare, in un circolo non vizioso, ma sopravvivente in sé.
Vedo attimi fuggire dalle mie mani, e la mia impotenza mi rende impietoso.
Vedo braccia intersecarsi alla ricerca di qualcosa che si è perduto troppo presto, troppo in là nel tempo per ricordarsene.
E la sveglia suona, e se ne va con quello squillare quello che non potrò mai trovare.
La maschera, ogni mattina, va indossata, per rendersi adeguati, per credere di esserlo, perlomeno,
E la mia voce rimane afóna, ma io la sento.
Per Dio se la sento, come quella sveglia che suona, ogni mattina,ma anche in certi grigiori.
Le nebbie che mi circondano sono solo fumo negli occhi.
La pioggia che batte è solo un pianto.

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