lunedì 11 aprile 2011

PRENDERE UN TRENO AL VOLO (da "L'Atipico" Marzo Aprile 2011)

Rassegnarsi a una vita che vedi come in una sfera di cristallo nelle facce di chi ti sta intorno, nella terra dove sei nato, senza stimoli, chiuso, oppresso dalle possibilità che potresti aver avuto ma che non hai avuto il coraggio di prendere, di afferrare al volo per riporvi tutto quello che hai, è come sognare di essere nel paradiso terrestre, e trovarsi nella terra vera, quella dura, quella arrabbiata, quella che combatte contro di te, che vuole la tua carcassa.

È la rassegnazione la causa principale della rovina delle nostre scuole, oltre ai tagli, alle condizioni pietose degli edifici, la mancanza di una benché minima prospettiva a lungo termine; è quella che ti fa venire voglia di buttare via tutto, e di rimanere fermo, immobile, dove sei nato, dal primo respiro fino all’ultimo nella stessa regione, nella stessa provincia, nello stesso ottuso paesino dove tutti si aspettano che tu faccia quello che per generazioni è stato fatto, NIENTE!
È la causa principale del declino della nostra cultura, grazie anche a tutti coloro (insegnanti ma non solo) che rendono noi ragazzi (soprattutto durante l’adolescenza, ché l’università è un discorso a sé) macchinette, robot. Mai che si giudichi la persona nel suo complesso, mai che si veda oltre un mero fattore di rendimento. La scuola è come una strada. Ogni tot km ti devi fermare a fare la revisione. Questo è quello cui sono ridotti molti studenti oggi, e questo, oltre che al governo per ovvi motivi (fra cui la chiara scelta in direzione della scuola privata, vuoi per ingraziarsi l’amico Bagnasco, vuoi per interessi personali) è quello che va bene al popolaccio (o popolino, come si voglia chiamare), quello che si informa guardando la tv, che non legge, che non va al cinema (se non per vedere l’ennesimo capitolo sui rapporti tra maschi e femmine o viceversa, non si è capito bene l’esigenza di doverne fare due film), quello che vota Berlusconi, quello che (non) si è formato con questa scuola, e che continuerà a (non) formarsi con questa scuola.

Rassegnazione, perché non c’è spiraglio di luce in questa oscurità, dove tutti pensano allo stesso modo, omologati (sinistra o destra qui non c’entrano, vedo studenti di sinistra chiusi nelle loro roccaforti chiedere diritto allo studio quando sono i primi a non voler fare niente; ci vorrebbe una bella ripulita anche fra gli impegnati a favore della cultura etc., e vedere quanto ne sanno veramente, ma questo è un altro discorso) in categorie, in etichette, che sono per loro indelebili.
Rassegnazione, perché se vuoi andare via da questo, devi fuggire, prendere la tua strada, quella che vuoi veramente, afferrare al volo quella possibilità, quel treno che non passa di qui ma che ti devi andare a prendere di corsa, e mai nessuno che ti aiuti, se non hai i mezzi (soprattutto) economici. Non qui, perlomeno. Non adesso, con questi governanti (anche qui il discorso è esteso un po’ a tutti, visto che il famigerato 3 + 2 non l’ha voluto certo la Gelmini, solo per avere più laureati, che fossero ignoranti o incompetenti è una quisquiglia). Non con questa cultura fatta di bar sport e di figli-che-fanno-lo-stesso-mestiere-del-padre. Non con la voglia di avere un lavoro buono perché vicino e che ti fa guadagnare bene.
Certamente non con l’idea che chi se ne vuole andare è uno che non si sa accontentare, un idealista. Certo questi non sanno che c’è un treno quasi impossibile da prendere per ognuno di noi, un treno che lo prendi una volta o non lo prendi più; chi l’ha preso l’ha fatto quasi sempre per un pelo, al volo. E quindi c’è speranza, basta accorgersi in tempo del rumore di ferraglia, dell’odore del passato, e della rassegnazione che ci circonda, che se ne vanno, si rompono come ghiaccio esposto ad un caldissimo raggio solare, e saltare su, accorgersi che nella cabina c’è scritto il proprio nome, e finalmente prendere il comando della propria vita, e andare dove si vuole andare.
A.B.

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