Vite, idee, sogni forse troppo incoscienti, tutto ha un inizio, uno start, la condizione sine qua non.
E certo che ci dev'essere qualcuno che dia il la a un concerto, altrimenti tutti stonerebbero, nessuno avrebbe il coraggio di ammetterlo ma il meglio andrebbe a rotoli, e al sopraggiunto peggio andrebbe la palma di vincitore.
Questo se non ci fosse un inizio; in tutte le cose, il primo periodo, chiamiamolo qui infatuazione, è comprensibilmente il migliore; l'effetto novità, unito al piacere di scoprire lati di sé finalmente non più sopiti rende piacevole ogni cosa; l'infatuazione, per una donna, per un lavoro, per qualsiasi piccolo mattone posto sulla casa che stiamo costruendo, è il momento in cui tutto è meravigliosamente sensato.
Poi arriva, lenta ma neanche tanto, la forza dell'abitudine, quella forza costringente che ti fa sentire il peso del mondo addosso; ogni passo diventa imponentemente faticoso, come se fossimo immersi in gel balistico.
A questo punto ogni cosa potrebbe finire, lasciando che una nuova infatuazione arrivi, spazzando via tutto; non sto parlando solo di relazioni sentimentali o pseudo tali, ma di qualsiasi cosa fatta, di qualsiasi esperienza compiuta, di qualsiasi libro letto.
Ed è a questo punto che le cose veramente belle ti riconquistano, lasciando, invece che spazio ad una nuova infatuazione, il dubbio e insieme la certezza che non puoi, in nessun modo, farne a meno.
E' dopo aver scoperto la noia dell'abitudine, che le cose meritevoli aprono il sipario, distruggendo brutalmente l'intorno, mero artificio mentale.
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