Per la terza mattina consecutiva mi trovo a scrivere in
questo spazio gentilmente concessomi dal web, scrivere, senza in fondo dire
niente, niente che possa interessare a molti di quelli che (forse) mi leggono,
niente che possa servire; scrivo per sfogare la mia ansietà, le mie paure, la
mia incazzatura, lo faccio ma non serve, visto che mi ritrovo comunque ansioso,
impaurito, sempre più incazzato.
Non ce la faccio più, non so quello che voglio, poi lo so
poi non esiste più.
Niente concessioni, qui. Solo perdite, solo te e la tua
testa frullante di idee, progetti, cavolate, e forse questo è il problema,
percorrere percorsi neuronali per costruire un castello che sai che è fatto di
sabbia, ma non riesci comunque a non tirare su quelle mura, ché in quel momento
sono la cosa più importante, non riesci a non tirarle su, ma nemmeno a frenare
il vento che te le distruggerà inevitabilmente e inesorabilmente, come una
panacea che cura tutti i mali, ma al contrario, ti distrugge.
È come avere un autocad nel cervello che al primo stimolo
esterno ci monta sopra chi sa che, senza sapere le coordinate; al minimo
cambiamento esterno, un progetto di vita.
Il problema è che certe volte ci credo di più e così quando
arriva quel vento caldo che butta giù tutto è come fossi anch’io fatto di
sabbia, e mi ritrovo a pezzi, anzi a granelli.
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