Il semaforo era rosso, come il mio cuore che in quel momento
stava battendo forte, per te, per me, per noi.
I ricordi valgono eccome in un mondo che si imbozzacchisce
sempre di più, che si sgretola tutt’intorno, i ricordi valgono, rimangono, si
coltivano, le promesse si mantengono, fino al punto in cui capisci che la
strada che hai intrapreso forse non è giusta, che quando eri a quel semaforo,
che era rosso come il tuo cuore che sanguinava, dovevi andare diritto, non
girare.
Dovevi capire tutto quando non capivi niente, essere
cosciente.
Il semaforo era rosso, come un cuore che batte, che suona,
che vive, che fa vivere; un momento dura solo un momento ma a volte è
un’eternità.
Le scelte di una vita, il poterle cambiare, lo scatto di un
semaforo; sapere dove andare.
Dovrebbero inventare un navigatore per la vita, che sia
aggiornato con la tua volontà, con i tuoi desideri, in modo da saper sempre
dove girare, quale strada prendere, che mica è così facile sapere dove ti
portano prima di intraprenderle.
Mica è facile aspettare lo scatto di un semaforo, che era
rosso e sta diventando verde, come la speranza di essere qualcosa di più, di
vedere oltre, di esserci, comunque e indispensabilmente, aspettarlo come si
aspetta qualcosa che è innato ma non si è quasi mai trovato, quel bisogno
necessariamente sufficiente a farti conoscere tutte le strade del mondo, senza
averle percorse mai.
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