lunedì 23 gennaio 2012

J edgar

È un Eastwood un po' annacquato quello che racconta la storia di una delle più importanti "eminenze grigie" (ma manco tanto grigia) della storia americana e non solo, quel j.edgar hoover nato e morto a Washington e che ha trasformato l'FBI da corpo corrotto e connivente coi poteri forti a quel gruppo integerrimo di agenti da film e serie tv (il migliore: agente Dale Cooper di Twin Peaks).

Vuole mettere in primo piano l'uomo Clint Eastwood in quella che è un'ulteriore tappa del suo cinema sussurrato, di quel dipinto enorme sull'America che in questi anni ha costruito.

Ma il risultato questa volta è sottotono; non convince quel rapporto gay descritto forse troppo macchiettisticamente nè la figura opprimente della madre che ne sarebbe causa scatenante.

La regia è qualche volta fin troppo poco presente e il trucco in qualche caso oggettivamente irreale.

Da salvare sicuramente alcune scene, sulla sensazione di potenza di un uomo "da interno" (dove quasi tutto il film è girato) che guarda dall'alto del suo ufficio la sfilata di ogni neopresidente.

Deludente.

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