domenica 12 febbraio 2012

La sinistra reazionaria da Piccolo a The Artist

Ha stimolato in me molto interesse l’articolo di Francesco Piccolo sul Corriere.it che molti di voi avranno letto vista l’enorme diffusione mediatica che ha avuto su twitter e (in misura minore) su fb

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In pratica Piccolo sostiene che la sinistra di oggi (quella in particolare di Franzen e The Artist, con risvolti da ceto medio riflessivo) sia diventata reazionaria, con una particolare predilezione per l’opposizione incondizionata al nuovo che avanza, in qualsiasi forma esso si presenti.


Dunque, che siano riforme dell’organizzazione statale o che sia il ritorno al sonoro, i nuovi reazionari starebbero sempre dalla parte del “vecchio”.

Premetto un paio di cose: io (alessandro berrettoni) adoro Franzen, e trovo i suoi romanzi non affatto riconducibili a una dimensione meramente reazionaria, ma piuttosto critica di quell’immobilismo che tanto ha fatto del male all’America e al mondo (vedi Le Correzioni); pare, dettaglio non irrilevante, che ora si sia dato al birdwatching e che si opponga agli ebook e agli iphone, ma questa è una presa di posizione non necessariamente incongruente col suo percorso letterario; ma prenderlo come bandiera della reazione, come must della nuova sinistra lo trovo non corretto.

Lo stesso problema c’è con The Artist; è vero che i reazionari si affezionano a Valentin per la sua ostinazione, per il suo essere vecchio e quindi fascinoso e simbolo di quello che non c’è più, come le vecchie librerie dove si sente l’odore dei libri etc etc, ma io credo che la chiave di lettura di the artist sia invece opposta: alla fine il vecchio, ostinato muto, accetta il progresso, il sonoro e ne prende parte.

È certo vero che la “nuova” (ahahah) “sinistra” (ahahah) abbia una certa predilezione per tutto quello che c’era una volta e adesso non c’è più, un’adorazione incondizionata verso un passato idilliaco (che poi lo era? Mah), e che in definitiva, e questo lo credo fortemente, questa idea del si-stava-meglio-quando-si-stava-peggio ha rovinato sempre e comunque il nostro paese, in una morsa in cui ognuno, stando dove sta, fermo e immobile, ci guadagna; uno stritolamento di tutto quello che è nuovo che ha portato la suddetta sinistra (ahahah) a scollarsi definitivamente dai giovani e dal mondo nuovo.

Però credo altresì che The Artist dovrebbe essere proprio preso come monito: il progresso arriva, inesorabilmente e fortunatamente. Sta al “vecchio”  appoggiarlo; le reticenze iniziali scompaiono con la presa di coscienza di essere arroccati dietro ideologie ormai sepolte, e cercare di evolversi.

Con questo concludo dicendo con umiltà che in definitiva sono d’accordo sul concetto che Piccolo esprime, ma credo che l’ottimo (secondo me) film The Artist non debba essere letto solo come un’apologia incondizionata del vecchio che non c’è più (come invece i nostalgici intendono forzatamente), e scusandomi con un professionista come Piccolo per la mia innocua nota.

Dunque la nuova sinistra è sì reazionaria ma si accorgerà, prima o poi, che è stato un danno, incommensurabilmente grande esserlo, chiudendosi al benessere e alla vera rivoluzione del nostro tempo, che è la tecnologia, il progresso.



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